Le proposte di Confesercenti Reggio Calabria per fronteggiare la crisi economica
Certezze.
Oggi gli imprenditori e i cittadini hanno soprattutto bisogno di questo: di certezze.
Se c’è una cosa che abbiamo tutti potuto notare durante la pandemia di covid-19 è il caos ingenerato da notizie contraddittorie, norme che cambiano da un giorno all’altro, ritardi intollerabili sull’avvio delle attuali poche e insufficienti misure economiche, dispute tra le varie articolazioni dello Stato con decreti nazionali in contrasto con ordinanze regionali a loro volta in conflitto con quelle comunali, dichiarazioni generiche e fumose su tempi e modalità della ripartenza, e sulle strategie volte a supportare e stimolare la ripresa di un’economia già traballante prima dell’attuale crisi, soprattutto nelle regioni meridionali, e oggi definitivamente al collasso.
Pur comprendendo le difficoltà di affrontare un disastro di proporzioni inimmaginabili come questa pandemia, si deve prendere atto che, se la cura scelta sconfigge la malattia uccidendo anche il malato, non è più una cura: è un omicidio.
Adesso, contestualmente a quella sanitaria, l’emergenza da fronteggiare è prioritariamente economica e conseguentemente anche sociale.
I piccoli imprenditori, i commercianti, gli artigiani devono poter usufruire di strumenti concreti e immediati che gli consentano di far fronte a questo fermo forzato di quasi tre mesi cui seguirà un lungo periodo di drastico calo dei fatturati dovuto alle norme di distanziamento sociale che porteranno ad una ovvia riduzione della clientela, alla serpeggiante paura di una parte di popolazione che, anche dopo l’emergenza, continuerà a non uscire con la stessa frequenza e tranquillità di prima, a un generale decremento della disponibilità economica delle famiglie e, infine, a un diffuso e giustificato sentimento di preoccupazione per il futuro che, da sempre, porta ad una diminuzione della propensione alla spesa per articoli che non siano quelli di prima necessità. Il tutto senza contare l’aumento dei costi di gestione dovuto al rispetto delle norme anti contagio quali, ad esempio, le sanificazioni straordinarie e giornaliere.
Purtroppo per noi, quindi, si è creata una “tempesta perfetta” che dovrà essere affrontata con perizia e competenza per evitare un rovinoso quanto irrimediabile affondamento.
Non bastano più le buone intenzioni, non sono sufficienti i proclami, che divengono sterili e autoreferenziali esercizi di stile se non sono seguiti dall’attivazione immediata delle azioni annunciate: com’è possibile che ancora i dipendenti in cassa integrazione non abbiano ricevuto i compensi a loro spettanti? Che fine ha fatto la grandiosa potenza di fuoco di 400 miliardi, così enfatizzata, che avrebbe dovuto risolvere i problemi più urgenti di liquidità per le imprese grazie ai crediti garantiti dallo Stato fino al 100%? E infine, quali saranno le ulteriori misure messe in campo dal secondo decreto economico del Governo?
Il rischio concreto che si sta delineando è che il peso della crisi sia scaricato sulle aziende già costrette alla chiusura forzata e all’azzeramento dei loro fatturati, cosa non accettabile eticamente né, tantomeno, strategicamente. Deve essere chiaro a tutti che se crolla il sistema imprenditoriale, la cui spina dorsale è formata dalle piccole e piccolissime imprese, crolla il Sistema Paese.
Per scongiurare questa malaugurata ipotesi, quello di cui adesso abbiamo bisogno è una visione molto chiara delle azioni da intraprendere per ripartire, coscienti del fatto che le peggiori crisi, con la giusta gestione, sono sempre seguite da una crescita impetuosa.
L’intervento più importante, quello indispensabile per mettere le basi a una ripartenza vera e sostenibile, è anche quello che non ha alcun costo: la chiarezza. Gli imprenditori hanno bisogno di sapere come organizzarsi per riaprire le loro attività ma, ancor di più, se gli converrà riaprirle.
I provvedimenti concreti, che devono essere comunicati per tempo e attuati con un cronoprogramma preciso, invece, sono relativamente pochi ma indispensabili e costosi, anche se sempre molto meno di un lockdown irreversibile del sistema:
un indennizzo a fondo perduto di almeno il 50% degli incassi sfumati nel periodo di chiusura calcolato rispetto al fatturato dell’anno precedente;
il rimborso al 100%, anche tramite credito d’imposta, degli investimenti per l’adeguamento delle attività alle norme per il contenimento della pandemia;
l’azzeramento dei tributi nazionali, regionali e comunali per tutto il 2020 e una riduzione cospicua per almeno i successivi due anni;
l’azzeramento dei contributi ai dipendenti per tutto il 2020 riservato alle aziende che non licenziano e una riduzione di minimo il 50% per almeno i due anni successivi;
la proroga della cassa integrazione in deroga per i dipendenti che non potranno essere richiamati al lavoro per comprovate esigenze quali, a titolo d’esempio, il decremento sostanziale del fatturato o la riorganizzazione dovuta alle limitazioni delle norme sulla sicurezza e distanziamento;
la decontribuzione totale per un minimo di cinque anni destinata alle nuove assunzioni;
l’allentamento dei vincoli e la facilitazione delle procedure per l’occupazione del suolo pubblico e più in generale una decisa semplificazione e riduzione di tutti gli adempimenti burocratici;
la sospensione per tutto il 2020 della richiesta di Durc e regolarità fiscale per la partecipazione a bandi pubblici, il pagamento da parte delle amministrazioni pubbliche e l’accesso ad agevolazioni e contributi;
l’attuazione di una pace fiscale riguardante tutte le cartelle esattoriali e le rateazioni di avvisi bonari tramite un saldo e stralcio di un massimo del 30% del dovuto, riservata alle aziende che dimostrino l’effettiva impossibilità, causata dagli effetti della crisi in atto, di far fronte al pagamento dei propri debiti con lo Stato;
l’avvio di un’imponente piano di investimenti pubblici volti a modernizzare l’impianto infrastrutturale e sanitario del Paese con particolare riferimento ai territori meridionali, così da iniziare a colmare il gap, reso oggi ancor più evidente dalla pandemia, tra il nord e il sud dell’Italia.
Azioni concrete da attuare, tutte o in parte, nel più breve tempo possibile perché, oggi più di ieri, i tempi dell’economia reale non hanno più la possibilità di attendere quelli della burocrazia.
Ci troviamo di fronte a un bivio: una strada porta verso il disastro, l’altra, verso lo sviluppo e l’opportunità di modernizzare e rendere il nostro paese più inclusivo, efficiente e coeso.
Vedremo se avremo la forza, il supporto e la lungimiranza di percorrere quella giusta.
Claudio Aloisio
Presidente Confesercenti Reggio Calabria
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